L'acqua come metafora di resilienza,
come elemento in grado di resistere a ogni tentativo di essere
modellato, come mezzo essenziale per gli artisti: un puro
specchio.
Arriva al Maxxi, e per il Maxxi, il Museo delle arti del XXI
secolo di Roma, un nuovo capitolo inedito del progetto Water
School di Tuazon, un progetto di arte pubblica e, allo stesso
tempo, un'iniziativa che esplora le dinamiche e le politiche
legate all'accesso e al controllo della terra, dell'acqua e
delle infrastrutture: una pratica omnicomprensiva di creazione
di spazi di incontro e collaborazione.
"Something in the Water" è il titolo della mostra del
Dipartimento Arte del Maxxi curata proprio da Oscar Tuazon
(Seattle, 1975) e da Elena Motisi come curatore associato, che
apre al pubblico il 18 aprile.
Così come la pratica artistica di Tuazon, che si muove lungo
margini fluidi, tra architettura e attivismo, allo stesso modo
il percorso espositivo di "Something in the Water" si sviluppa
nello spazio delle gallerie del Maxxi come un'esperienza fluida
in cui l'acqua diventa il veicolo di connessione tra artisti di
diversa generazione e provenienza. Le opere esposte invitano il
visitatore a percepire le sottili connessioni che le legano tra
loro, in un allestimento che, dispiegandosi dalla sala
Gianferrari lungo la galleria 2 del Museo, evoca il flusso
sinuoso delle anse del Tevere.
"Sono felice di essere a Roma, una città che sin dai tempi
antichi è stata sempre in stretta connessione con l'acqua, corsi
d'acqua, acquedotti, fontane" dice Tuazon arrivano nella
Capitale per presentare il suo lavoro e la collettiva che parte
dalla semplice considerazione: "l'acqua è un elemento
invisibile, senza gusto o odore, incolore o che assume semmai il
colore che lo circonda, è un elemento sempre in movimento. E per
questo appare imprendibile".
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