Quasi il 45% dei reparti di
medicina interna degli ospedali della Campania (che accolgono
quasi la metà del totale dei ricoverati) è attualmente in
overbooking e il 90% denuncia carenze ormai croniche di
personale, ma circa un terzo dei ricoveri potrebbe essere
evitato con una migliore presa in carico dei servizi sanitari
territoriali e se solo si facesse un po' più di prevenzione.
Sono questi i dati salienti della survey condotta tra marzo ed
aprile da Fadoi, la Federazione dei medici internisti
ospedalieri.
Il 45% dei reparti ha dunque un tasso di occupazione dei
posti letto di oltre il 100%, mentre il restante 55% occupa tra
il 70 e il 100% dei letti a disposizione. E overbooking
significa "avere pazienti assistiti magari su una lettiga in
corridoio, con un solo separé a garantire la privacy". Ad acuire
il tutto c'è poi la carenza di personale, "riscontrata nel 90%
dei casi".
Pochi letti, ancor meno personale, "ma la situazione potrebbe
essere un po' più gestibile - afferma Fadoi - se si potessero
evitare i ricoveri impropri, quelli frutto di una difficoltà di
presa in carico dei servizi territoriali, centrati in larga
parte sulla rete degli studi dei medici di famiglia, anche loro
sempre meno numerosi e con un numero in eccesso di pazienti da
dover seguire. Mediamente un ricovero su 3 poteva essere evitato
con una rete di assistenza territoriale più adeguata.
Percentuale che sale a oltre il 40% nel 9% delle unità
operative". Discorso analogo per la mancata prevenzione. "Stili
di vita scorretti, bassa aderenza agli screening, scarse
coperture vaccinali, unite al più basso finanziamento pubblico
d'Europa per la prevenzione: fatto sta - evidenzia la survey -
che a causa di tutto ciò almeno un terzo degli assistiti finisce
in ospedale, quando avrebbe potuto evitarlo. Nei reparti,
infatti, il 30% dei ricoveri è dovuto alla poca prevenzione".
Dall'indagine emerge inoltre che, se "la riforma della sanità
territoriale ancora arranca, i pazienti sono però meno soli dopo
le dimissioni: la percentuale di chi va a casa ma con
l'assistenza domiciliare integrata attivata è salita al 45%,
mentre il 36% va in Rsa. Da notare però come il 18% dei pazienti
venga dimesso a casa senza nessuna presa in carico da parte dei
servizi territoriali o dallo stesso ospedale".
Tra sovraffollamento dei reparti e carenze di organico, "non
ci si deve stupire se il 45% degli internisti dichiara di non
trovare più tempo per fare ricerca, mentre il 45% ne fa meno di
quanto vorrebbe", sottolinea Fadoi, che registra anche "un mix
di di speranza e scetticismo sulle nuove case e ospedali di
comunità", le nuove strutture che dovranno aprire i battenti
entro il giugno 2026 per non perdere i due miliardi del Pnrr
stanziati proprio per questi servizi. Per il 54% dei medici le
nuove Case di Comunità (sorta di maxi ambulatori per visite e
esami diagnostici) potranno effettivamente ridurre il numero dei
ricoveri, "ma bisognerà vedere come verranno realizzate". Simile
la risposta fornita dal 45% dei medici rispetto agli ospedali di
comunità a gestione infermieristica, ai quali spetterebbe il
compito di agevolare le dimissioni dai reparti, prendendo in
carico quei pazienti che non hanno più bisogno dell'ospedale
vero e proprio, ma che nemmeno sono nelle condizioni di tornare
a casa.
"I dati della survey Fadoi parlano chiaro: la medicina
interna ospedaliera della Campania è allo stremo. I reparti
accolgono quasi la metà dei ricoverati, soprattutto anziani e
pazienti con pluripatologie, ma il 45% delle unità operative è
in overbooking e il 90% denuncia una carenza di personale ormai
cronica. Questo non è solo un problema per gli internisti, ma un
segnale preoccupante per l'intero sistema sanitario", commenta
Ada Maffettone, presidente Fadoi Campania. "Una parte
significativa dei ricoveri - prosegue - potrebbe essere evitata
con una rete territoriale più forte e un approccio alla
prevenzione più efficace. Eppure, nonostante le riforme
annunciate e i fondi disponibili, la sanità territoriale ancora
arranca, lasciando che gli ospedali si facciano carico di
pazienti che avrebbero potuto essere gestiti altrove. Non
possiamo più permettere che la medicina interna funzioni a
livelli di saturazione insostenibili, dove i professionisti
faticano a trovare il tempo necessario per la ricerca e
l'aggiornamento scientifico. Serve un piano concreto, non solo
per potenziare i servizi territoriali, ma per garantire adeguate
risorse alle strutture ospedaliere, affinché possano lavorare
senza essere sopraffatte dall'emergenza quotidiana. Le nuove
Case di Comunità e gli Ospedali di Comunità possono
rappresentare un passo avanti, ma la loro effettiva
realizzazione e integrazione nel sistema sanitario saranno
decisive. Senza un'attuazione efficace e senza un reale supporto
di personale e strutture, il rischio è che rimangano solo belle
idee sulla carta". "Chiediamo che le istituzioni competenti
agiscano in modo deciso, mettendo al centro la sostenibilità
dell'assistenza ospedaliera e il rafforzamento del territorio.
La medicina interna è un pilastro della sanità: lasciarla al
limite delle sue capacità significa mettere a rischio la salute
di tutta la popolazione", conclude.
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