(di Clemente Angotti)
Storia di un ritorno
alle origini e ad un'identità ritrovata nel nome di un vitigno
ingiustamente dimenticato. La stanno scrivendo, a Francavilla
Angitola, nel vibonese, lungo i vigneti a mezzacosta tra il
Tirreno e le colline che aprono alle Serre, Giovanni Celeste
Benvenuto e la sua famiglia.
E' nato e ha vissuto fino alla maggiore età a Tagliacozzo,
in Abruzzo, questo giovane agronomo e vignaiolo dalla profonda
passione che, ad un certo punto, ha scelto la Calabria, la terra
degli avi paterni e, nello specifico, questa porzione di
territorio che è antica terra di zibibbo. In Calabria ha deciso
di studiare, nel polo di Agraria di Lamezia Terme
dell'Università Mediterranea. E di vivere. Proprio qui, nella
terra ereditata dal papà, nato a Pizzo ma emigrato giovanissimo
in Abruzzo, ha scelto di riportare in auge, con successo, la
tradizione dello zibibbo, conosciuto dai più come vino dolce da
dessert e da queste parti da sempre apprezzato come vino da
pasto ma di cui, però, si era quasi persa ogni traccia, al di là
di rare produzioni familiari. Un'impresa non facile che lui ha
trovato il modo di fare diventare realtà concreta, quasi una
rinascita, celebrata anche da prestigiose testate internazionali
come il New York Times.
Un'avventura iniziata nel 2002 quando Giovanni Celeste
Benvenuto ha deciso, tra lo stupore dei familiari, di lasciare
la Marsica per Francavilla Angitola. "C'è stato tanto da
lavorare - racconta - ma qui ho trovato un terreno che è
un'unicità a livello nazionale, perché c'è un granito molto
superficiale. Elemento che dà ai vini che vi si producono
sensazione di freschezza e mineralità. Oltre ad una particolare
sapidità. Inoltre, siamo in regime di biologico e per questo
comunque il ricircolo dell'aria, con le correnti che risalgono
dal Tirreno aiuta a combattere le avversità della vite che sono
soprattutto fungine". Ma perché lo zibibbo? 'Questo vino -
spiega - arrivò da queste parti con i fenici grazie alle loro
attività commerciali. A differenza però della Sicilia dove viene
coltivato al livello del mare e dove c'è tanto caldo che porta
all'accumulo di zuccheri, quindi più alcol e più residuo dolce,
qua le vigne a zibibbo vennero impiantate a 300 metri di altezza
dove la vite si comporta in modo molto diverso. E accumula meno
zucchero per le escursioni termiche: così il vino che si ottiene
risulta giocoforza meno dolce e secco da tutto pasto". "Chi vive
qui lo sa bene: lo zibibbo - argomenta - è da sempre un vino da
pasto. Una tradizione andata avanti fino ai primi del '900,
quando si interruppe giocoforza per le guerre mondiali e per
l'emigrazione a cui seguì la politica di estirpazione dei
vigneti e di incentivo verso altre produzioni". Non è stato
facile, ammette:"nel 2002, quando ho iniziato la sorpresa: non
era consentita la vinificazione dello zibibbo. Da allora è
iniziata una crociata contro la burocrazia, anche se per la
verità la Regione non si è mai mostrata sorda. Il primo,
tangibile, risultato nel 2010. Poi, tre anni dopo, la
possibilità di vinificare". E' nato così, in un misto di
caparbietà e decisione, quel primissimo zibibbo Igp. Il primo e
l'unico, per sei anni, prodotto in Calabria. Un risultato
consacrato con il riconoscimento anche della dedicazione di una
via là, tra i vigneti e la cantina. Da quel momento in poi, per
la valorizzazione del prodotto è stato un crescendo, celebrato
quest'anno anche al Vinitaly di Verona. Per Giovanni Celeste
Benvenuto c'è stato anche con il riconoscimento come benemerito
alla viticoltura da parte della Regione. A distanza di alcuni
anni l'offerta è cresciuta e si è ampliata e adesso ci sono
vini come il bianco "Mare", il rosso "Terra", il rosato
"Celeste", e i due vini da Zibibbo, secco e passito. Ma anche un
bianco ottenuto da fermentazione spontanea, l'Orange, sempre a
base di Zibibbo. Il tutto nei vigneti coltivati con varietà
autoctone come Malvasia, Greco Nero, Calabrese e Magliocco. Con
qualche interessantissima variazione sul tema come la grappa e
la birra allo zibibbo. "In Calabria - sottolinea Giovanni
Celeste Benvenuto - basterebbe fare riscoprire alcune delle sue
vocazioni senza inventarsi niente ma facendo esprimere il
territorio per aprire nuove strade".
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