"Il febbraio del 1971 fu un mese
molto duro per gli aquilani: mettetevi nei loro panni. Città tra
le più importanti del centro sud dal 1200 in poi, capoluogo
storico tradizionale da sempre, da quando si è parlato di
capoluoghi; città amministrativa nel senso che in qualche modo
tutti gli uffici erano per l'Aquila quello che per Pescara e per
Chieti soprattutto erano le fabbriche, vedersi dalla mattina
scippare l'idea di non essere più il capoluogo era un tributo
pesantissimo e tutto sommato l'accordo non è stato poi tanto
gratificante, visto che L'Aquila è rimasta capoluogo, ma di
fatto soltanto per la sede del Consiglio Regionale e 3
assessorati su 10". Sono questi i ricordi di Bruno Vespa, allora
giovane cronista Rai inviato all'Aquila per seguire la sommossa
degli ultimi giorni dei febbraio 1971.
Allora come oggi, dopo 50 anni "questo non giustifica
assolutamente la rivolta e non giustifica, la può spiegare, ma
non la può giustificare e certamente non giustifica le violenze
che furono fatte alle sedi del Partito Comunista e della
Democrazia Cristiana e la devastazione delle case di alcuni
dirigenti della DC. - spiega Vespa all'ANSA - Al tempo stesso
non giustifica la repressione pesantissima fatta dalla polizia
quando venne in prima persona il capo la Polizia Angelo Vicari
per stroncare la rivolta degli aquilani, cosa che non aveva
nulla a che vedere con quello che era successo a Reggio
Calabria".
Il sindaco dell'Aquila dice che il sisma del 2009 ha in
qualche modo sanato le ferite: "questo è vero in parte. C'è
stata una grande solidarietà ma non posso dimenticare che a un
certo punto, per un caso, solo per un caso fortuito fu evitato
che qualche città, non dico quale, scippasse la sede della Corte
d'Appello, perché appunto il Palazzo di Giustizia dell'Aquila
era ridotto com'era".
Per l'abruzzese Bruno Vespa "Oggi parlare di campanilismo
diventa imbarazzante perché basta guardare il mondo e vedere
quant'è piccola l'Italia, e vedere quanto è piccolo l'Abruzzo
per capire che il campanilismo non serve in un mondo
globalizzato in cui dovremmo stringerci l'un l'altro. L'Abruzzo
che non ho mai considerato una regione meridionale perché di
fatto non lo è, l'Abruzzo ha un futuro e si sta comportando
meglio da un punto di vista dei dati economici: perché sono i
migliori del cosiddetto Mezzogiorno, e questo deriva
dall'eredità della Casse del Mezzogiorno e guardo come può
semmai rosicchiare qualche cosa alle regioni diciamo meno
brillanti del centro nord. Quindi voglio dire alle bellezze
naturali che ha e che sono veramente fantastiche, è una regione
completa di gente che ama lavorare, per cui c'è un grande futuro
e il 1971 è veramente un anno da dimenticare.
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