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Un Paese giovane ma che fa fatica a sostenersi da solo e che per scuola e sanità dipende ancora, e tanto, dalle partnership straniere, mentre la migrazione continua a essere un’opzione e la mortale rotta atlantica verso le Canarie miete vittime che nessuno vede, perché non ci sono navi da soccorso.
La savana accoglie fin dal primo momento, all’arrivo all’aeroporto di Dakar col volo - regolarmente in ritardo - da Casablanca. I centri abitati scorrono, nel buio si intravedono mucche e capre agli angoli delle strade, sullo sfondo le sagome inconfondibili di baobab più o meno secolari, simbolo del Senegal insieme al leone.
È l’inizio della stagione secca nel Paese considerato baluardo di democrazia e stabilità in Africa Occidentale. Le piogge sono durate più a lungo del previsto e per lungo tempo le stradine sterrate all’interno della savana sono rimaste allagate, isolando di fatto villaggi, capanne, scuole, persone, vite.
Quella senegalese, secondo i dati del ministero del Lavoro, è tra le principali comunità di cittadinanza extra Ue in Italia (in dodicesima posizione per numerosità), con 101.616 persone regolarmente soggiornanti al 1° gennaio 2023: il 2,7% dei cittadini di Paesi terzi. Un numero in aumento dell’1,4% rispetto all’anno precedente.
“ll 63% di loro si trova nel Nord, in particolare in Lombardia (prima regione per presenze senegalesi) che ne accoglie il 31,5%. Seguono Toscana ed Emilia-Romagna”. Rilevante la presenza nel Mezzogiorno, “dove ha richiesto o rinnovato il permesso di soggiorno il 17,6% dei cittadini senegalesi, con una concentrazione maggiore in Puglia (4,5%), Sardegna (3,4%) e Campania (3,2%)”. È una migrazione al maschile con “bassa presenza di nuclei familiari dovuta a un forte legame con le famiglie rimaste nel Paese d’origine e a un modello migratorio della collettività africana incentrato maggiormente sulla mobilità circolare”: le donne sono il 27,5% e gli uomini il restante 72,5%. È “la terza collettività extraeuropea, dopo quelle ucraina e pakistana, con il più alto grado di disparità di genere”.
Nel 2022 hanno fatto ingresso in Italia 6.946 cittadini senegalesi, un numero superiore a quello rilevato l’anno precedente del 21,3%. Motivazione prevalente di ingresso risulta il ricongiungimento familiare (48,2%), in calo tuttavia del 4,6% rispetto all’anno precedente. Secondo motivo di ingresso è il lavoro con il 37,1% di nuovi permessi di soggiorno rilasciati, che ha fatto segnare una crescita dell’85% rispetto al 2021. Rilevante anche il numero di ingressi per richiesta d’asilo o detenzione di una forma di protezione, pari al 10,7% (in aumento del 38,3%). L’analisi della tipologia dei permessi di soggiorno evidenzia un elevato livello di stabilizzazione.
Secondo l’ultimo cruscotto sbarchi del ministero dell’Interno, dal 1° gennaio al 27 dicembre 2024, quella senegalese non è tra le prime dieci nazionalità dichiarate dalle persone che arrivano via mare sulla rotta del Mediterraneo centrale. Una rotta sulla quale, secondo IOM, sono morte e scomparse, inghiottite da questo mare, 1689 persone, di cui 73 minorenni.
Ma c’è un’altra rotta, molto più lunga, pericolosa e mortale anche per la pressoché totale assenza di soccorsi: quella verso la Spagna via mare. Una rotta sulla quale, secondo il gruppo per i diritti umani spagnolo Caminando Fronteras, almeno 10.457 migranti (tra cui 1.538 bambini e 421 donne) sono morti o scomparsi dal 1° gennaio al 5 dicembre 2024: oltre il 50% in più rispetto all'anno scorso,è il numero più alto da quando la ong ha iniziato questo monitoraggio nel 2007. “Si tratta di una media di 30 morti al giorno, in aumento rispetto di circa il 18% rispetto al 2023”. Venivano da 28 nazioni, principalmente dall'Africa ma anche da Iraq e Pakistan.
"Queste cifre sono la prova di un profondo fallimento dei sistemi di soccorso e protezione. Una tragedia inaccettabile", dice la fondatrice del gruppo, Helena Maleno. La maggior parte, 9.757, sono morte sulla rotta atlantica dall'Africa alle isole Canarie in Spagna, che per il secondo anno consecutivo hanno visto cifre record di arrivi. Nel solo giorno di Natale sette imbarcazioni sono arrivate nell’arcipelago.
Secondo il Ministero dell'Interno spagnolo, tra il 1° gennaio e il 15 dicembre sono arrivate in maniera irregolare in Spagna 60.216 persone (+14,5% rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso). Più del 70% è arrivata via mare alle Canarie che, nel loro punto più vicino, si trovano a 100 chilometri dalla costa del Nord Africa. La rotta più breve è tra la città costiera di Tarfaya nel Marocco meridionale e l'isola canaria di Fuerteventura. Dal Senegal il viaggio è molto più lungo e dura più di una settimana, con alcune imbarcazioni (per niente equipaggiate e stracariche di umanità) che partono da spiagge africane fino a 1.000 chilometri (620 miglia) dalle Canarie.
È la stessa rotta lungo la quale, nel giorno dell'Epifania, la Guardamar Talía del Salvataggio marittimo spagnolo soccorre una madre che aveva partorito il suo bambino a bordo del gommone su cui viaggiava insieme a un folto gruppo di persone. L'elicottero Helimer 202 ha trasferito la donna e il suo bambino ad Arrecife.
https://x.com/salvamentogob/status/1876927604118225247
La Spagna rafforza la cooperazione con i Paesi dell'Africa occidentale attraverso Memorandum of understanding con Mauritania, Senegal e Gambia sulla migrazione circolare: accordi che “consentono ai lavoratori di migrare temporaneamente in Spagna per lavoro per far fronte alla carenza di manodopera”.
A settembre il presidente Bassirou Diomaye Faye è andato a M’bour per esprimere la sua solidarietà alle famiglie in lutto, dopo l’affondamento di una piroga che trasportava migranti. Una vera e propria tragedia per la comunità costiera, a bordo c’erano almeno 150 persone, tante della zona. Ad agosto le autorità senegalesi hanno lanciato l’"Operazione Djoko" per impedire partenze irregolari. Una risposta “securitaria” che non coglie il punto che è invece “sociale”, a detta di Aly Tandian, sociologo dell'Università Gaston-Berger di Saint-Louis (altro punto di partenza verso l’Europa, al confine con la Mauritania) e presidente dell'Osservatorio senegalese sulla migrazione. “Abbiamo cambiato attori politici, ma i giovani non hanno ancora trovato una risposta che possa rassicurarli e dare loro la possibilità di restare”.
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Il 2024 ha visto elezioni di capi di Stato o di governo in oltre 50 Paesi del mondo, di cui 13 africani, scrive Ispi. “Se in alcuni le elezioni non sono state del tutto trasparenti, in cinque casi – Botswana, Ghana, Liberia, Mauritius e Senegal – c’è stata una alternanza di governo pacifica e democratica”, spiega Babacar Ndiaye, Director of research and publications del think tank WATHI. “Un record di pluralismo per il continente in cui negli ultimi quattro anni si erano registrati ben nove colpi di Stato”.
Il Senegal è uno dei Pochi paesi dell'Africa occidentale a non aver visto un colpo di Stato nella sua storia contemporanea. Ma gli ultimi quattro anni sono stati segnati da passaggi critici, anche tragici, con la morte di giovani senegalesi durante le manifestazioni.
Alle elezioni per l’assemblea legislativa del 17 novembre, che si sono svolte in tranquillità in tutto il Paese, il partito al governo Patriotes Africains du Sénégal pour le Travail, l’Éthique et la Fraternité (PASTEF) del presidente Bassirou Diomaye Faye ha ottenuto una vittoria schiacciante, portando a casa 130 dei 165 seggi parlamentari. La coalizione guidata dall'ex presidente Macky Sall ha vinto 16 seggi, quella dell'ex primo ministro Amadou Ba sette e quella del sindaco di Dakar Barthelemy Dias tre. Piccole coalizioni indipendenti hanno vinto un seggio ciascuna.
Il risultato ha legittimato l’elezione del marzo 2024 del nuovo presidente, Bassirou Diomaye Faye, 44 anni, dopo anni di proteste e tensioni e una crisi politico-giudiziaria che ha coinvolto Ousmane Sonko, il leader di quello che era il principale partito di opposizione oggi al governo, PASTEF, ora primo ministro. Il Senegal ha vissuto tre cicli di violenza a marzo 2021, giugno 2023 e febbraio 2024 a causa delle manifestazioni legate ai casi legali di Sonko.
Il nuovo corso vede anche la decisione, nelle ultime settimane, di chiudere tutte le basi militari straniere e quindi mandare via i soldati francesi, 350 uomini della Legione Straniera ancora di stanza nel Paese. “Il fatto che i francesi siano stati qui sin dall’epoca dello schiavismo non significa che sia impossibile fare diversamente”, ripete da tempo il presidente Bassirou Diomaye Faye.
È l’ultimo capitolo di quella che sembra a tutti gli effetti l’espulsione della Francia dal continente. A metà dicembre, poche ore dopo la visita del ministro degli Esteri Jean-Noel Barrot, il Ciad ha mandato via il contingente francese di mille soldati. Prima ancora era stata la volta del Mali, con cinquemila militari, dei 3mila di stanza in Niger e del Burkina Faso. Cresce nel frattempo l’influenza, anche militare, della Russia, e quella economica della Cina, la cui presenza commerciale è sempre più visibile anche in Senegal.
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Lo dicono i numeri, lo dice lo sguardo passeggiando per le strade della capitale, Dakar, o di M’bour, importante centro di pesca e commercio sulla costa: la popolazione del Paese, quasi 19 milioni di persone, è molto giovane. Nel 2023 sono in 8.218.000 ad avere meno di 18 anni e 2.452 meno di cinque. Stabile, in lievissima flessione il tasso annuale di crescita della popolazione, dal 2,4 al 2,3%.
Secondo i dati di The Future of Childhood in a Changing World, Statistical Compendium di Unicef, nel 2023 sono nati 532.000 bambini e bambine e il tasso di fertilità, ovvero di nati vivi per donna, è di 3,8. In Somalia, Ciad e Repubblica Democratica del Congo è di 6,1, in Niger e Repubblica Centrafricana 6, in generale l’Africa occidentale e centrale ha il tasso più alto delle varie aree in cui è suddiviso il globo, 4,7. Il tasso mondiale è di 2,34, quello dell’Europa e dell’Asia centrale 1,6, in Italia 1,2.
Il tasso di mortalità infantile nel Paese è passato da 71 nel 1990 a 28 nel 2022: quello neonatale, in particolare, si è dimezzato in poco più di 30 anni - era 40 nel 1990 mentre nel 2022 arriva a 20. L’aspettativa di vita alla nascita per una donna nel 2023 è di 71 anni, ma sui servizi essenziali sanitari, in particolare sulla salute materna, riproduttiva, neonatale e infantile, si può fare di più: l’indice registrato dalle statistiche globali è 59. In Italia è 86.
Tra il 2017 e il 2023 la percentuale di ragazze e donne adolescenti (tra i 15 e 49 anni) che accedono a metodi moderni di contraccezione e pianificazione familiare è del 25%. In gravidanza ci si controlla più di prima: il 98%, secondo il report Unicef, fa almeno una visita prenatale, il 29% ne fa quattro. Nello stesso periodo il 75% ha partorito assistita da personale medico, l’80% in una struttura sanitaria.
Nel 2020 però sono morte 1.417 donne di parto - su una popolazione di meno di 20 milioni di persone. In Italia 19, con una popolazione di 60 milioni. Partorire in un villaggio della savana, magari isolato dalle piogge e comunque a chilometri di strade di terra rossa di distanza da una struttura sanitaria, fa ancora la differenza.
E poi c’è la prevenzione. “Una sfida, perché molte donne non sanno o temono lo stigma della malattia”, spiega ad Ansa Seynabou Thiam, fondatrice del Jardin d’enfant Maman Plus a Thiadiaye, nell’entroterra del distretto di M’bour, regione di Thiès. Insieme alle associazioni toscane Progetto Senegal ODV e Il Ritrovo di Roberta, da qualche anno porta avanti periodiche attività di sensibilizzazione e prevenzione del tumore al seno tra all’ospedale di Thiadiaye.
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Secondo l'Unicef, sebbene il Senegal abbia notevolmente migliorato l’accesso all’istruzione di base negli ultimi decenni, 4 bambini e bambine su 10 non completano l’istruzione primaria e 6 su 10 non completano un ciclo completo di istruzione di base.
Nel 2016 oltre 1,5 milioni di bambini e bambine in età scolare erano fuori dall'istruzione formale, con una percentuale significativa di iscritti a istituzioni coraniche, “che operano in gran parte al di fuori del sistema educativo formale”.
L'accattonaggio minorile - e non manca il traffico di minori - è un problema nazionale in Senegal. Sono i talibè. Numeri ufficiali non ce ne sono, ma si stima che nel 2014 ci fossero almeno 30 mila bambini, per lo più maschi, a mendicare quotidianamente per le strade della sola Dakar.
“La violenza contro i bambini è diffusa, sebbene non documentata in modo coerente”, scrive ancora l'Unicef. “Norme sociali dannose contribuiscono a mantenere comportamenti negativi nei confronti di donne e bambini, tra cui la mutilazione genitale femminile e il matrimonio precoce”.
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