Il volume d'affari annuo delle
mafie italiane si aggira attorno ai 40 miliardi di euro l'anno;
una cifra che vale praticamente due punti di Pil. A calcolarlo è
l'Ufficio studi della Cgia di Mestre.
Se si effettua una comparazione puramente teorica che,
tuttavia, consente di "dimensionare" la portata del fenomeno -
sostiene la Cgia -, il fatturato dell'industria del crimine
risulta essere ipoteticamente al quarto posto a livello
nazionale, dopo quello registrato dall'Eni (93,7 miliardi di
euro), dall'Enel (92,9 miliardi) e dal Gestore dei Servizi
Energetici (GSE) (55,1 miliardi).
Per la Cgia in Italia sono 150mila le imprese nell'"orbita"
della criminalità organizzata questo in virtù dei dati in
possesso dell'Unità di Informazione Finanziaria (Uif) della
Banca d'Italia - struttura che, per legge, riceve ogni anno
dagli intermediari finanziari centinaia di migliaia di
segnalazioni di operazioni finanziarie sospette - che ha reso
possibile mappare il numero delle imprese presenti in Italia che
potenzialmente sono contigue a contesti di criminalità
organizzata. Oltre alle segnalazioni ricevute, la Uif ha
incrociato anche gli scambi informativi acquisiti dalla
Direzione Nazionale Antimafia e dall'Autorità giudiziaria.
Grazie a questo mix di dati è stato possibile censire almeno
150mila imprese che potrebbero essere potenzialmente controllate
o collegate a vario titolo alle organizzazioni criminali di
stampo mafioso.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA