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Il gap con gli altri Paesi Ue si riduce, ma restano le incognite
BRUXELLES - Secondo un recente sondaggio targato Eurobarometro per gli italiani la Pubblica amministrazione è troppo “lenta”. Chiedono che diventi più veloce e competente. La modernizzazione digitale dei processi e dei servizi è una strada obbligata per raggiungere questi risultati. E oggi, anche alla portata, grazie ai fondi del Pnrr e del ciclo di programmazione 2021-27 dei fondi Ue.
Eppure, la Penisola fa fatica, in parte per la scarsa penetrazione del digitale negli uffici pubblici, un ritardo accumulato in oltre un decennio di austerità, blocchi del turnover e tagli alla spesa pubblica. In parte perché gli stessi cittadini italiani non sono tra i più aggiornati in Europa in fatto di utilizzo di nuove tecnologie. Secondo l’indice dei servizi pubblici digitali, uno dei quattro che formano il Digital Economy and Society Index (Desi) della Commissione europea, su questo aspetto specifico nel 2022 il nostro paese si colloca al 19° posto su 27 stati membri. L’unica eccellenza italiana sono i dati aperti, cioè la messa a disposizione dei cittadini dei dati sui progetti finanziati, in particolare quelli delle politiche di Coesione.
“Ci sono stati progressi costanti negli ultimi anni, nell'offerta di servizi digitali da parte della PA il gap con la media Ue è in riduzione, e anche il basso livello di utilizzo di servizi di digitali da parte dei cittadini è in crescita costante”, ha assicurato di recente Andrea Mancini, della direzione generale Politiche regionali della Commissione europea, partecipando a un webinar promosso dalla Scuola Superiore S. Anna sulla digitalizzazione della PA. Per consolidare queste tendenze oggi ci sono anche due grandi motori finanziari: il PNRR e i fondi regionali. Secondo le norme Ue, i fondi del Pnrr destinati alla transizione digitale devono essere almeno il 20% del totale. L’Italia fa di più e arriva al 25,1% delle risorse del piano.
La digitalizzazione della PA rappresenta uno dei quattro obiettivi chiave di questo programma, che prevede che al 2030 il 100% di servizi pubblici e cartelle cliniche accessibili online e l’80% della popolazione dotata di identificazione digitale. Il piano è vasto, comprende investimenti nella riqualificazione dei lavoratori, cybersicurezza, reclutamento, infrastrutture e capacità amministrativa. Più nello specifico, alla Digitalizzazione della PA in senso proprio, andranno 6,1 miliardi di euro e all’innovazione, che include efficienza e riqualificazione dei lavoratori 1,3 miliardi di euro. Infine, il Pnrr dedica 2,3 miliardi a un intervento di settore, cioè all’innovazione organizzativa del sistema giudiziario.
Oltre ai fondi del Pnrr, sul digitale insistono anche le risorse delle politiche regionali Ue e nazionali 2021-27, con la transizione digitale che è il primo dei cinque obiettivi strategici adottati dall’Unione europea per questo ciclo di programmazione. In totale, dai fondi coesione 2021-27 arriveranno circa 9,5 miliardi di euro destinati alla transizione digitale, tutti provenienti dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (Fesr), per la digitalizzazione della Pa sono previsti, tra fondi nazionali e Ue 2,4 miliardi (di cui 1,5 dal Fesr), cui si aggiungono 47 milioni (21,7 Fesr) per la connettività. Tra i maggiori beneficiari, la Campania riceverà circa 200 milioni di euro per l’obiettivo della digitalizzazione della Pa. Poco più di 100 milioni ciascuna saranno invece dedicati a Calabria, Puglia, Sardegna e Sicilia.
Le risorse sono disponibili, non solo per la digitalizzazione ma anche per una riforma più generale della pubblica amministrazione, per renderla più veloce e qualificata, come vorrebbero i cittadini italiani. Ma qui sta uno dei paradossi di questa stagione: c’è l’occasione di fare le riforme, transizione digitale inclusa, agendo attraverso una PA che al momento è uno dei settori che ha più urgente bisogno di una riforma. In questa necessità di adeguare tempi, programmi e operatori diversi c’è il rischio della “congestione amministrativa”, come l’ha definita Laura Polverari, docente all'Università di Padova partecipando al webinar di S. Anna. Perché “dobbiamo contemperare da un lato l'attuazione" di Pnrr e programmi Ue "nel breve termine e dall'altro lato la riforma della pubblica amministrazione nel lungo termine. Facciamo fatica”.
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